Plauto
Plauto (255 AC–184 AC).Il nome completo del poeta è incerto, Plautus è la forma romanizzata del cognome umbro Plotus. Il nome completo Marcus Accius (scritto anche Attius) Plautus è improbabile poiché i tria nomina (prenome, gentilizio e cognome) si usavano solo per chi aveva la cittadinanza romana e non risulta che Plauto l'abbia mai avuta. Un antichissimo codice di Plauto (il Palinsesto Ambrosiano, rinvenuto ai primi dell'800 dal cardinale Angelo Mai) riporta una più attendibile versione del nome Titus Maccius Plautus. Il nome Maccius non è un vero nome gentilizio, bensì una derivazione da Maccus, nome di un personaggio tipico della farsa popolare italica, l'atellana, è verosimile che il poeta teatrale umbro Titus Plotus, o Plautus', si fosse dato, a Roma, un soprannome che alludeva al mondo della commedia ed al suo mestiere di "commediante".
Il commediografo era nato a Sà rsina, cittadina appenninica dell'Umbria (oggi in Romagna). Plauto dunque, come quasi tutti i letterati latini di età repubblicana, non era di origine romana, non apparteneva però, diversamente da Livio Andronico ed Ennio, a un'area culturale completamente grecizzata. Inoltre Plauto era con certezza un cittadino libero, non uno schiavo o un liberto. Plauto fu attivo in un periodo compreso fra la seconda guerra punica (218 AC-201 AC) ed il 184 AC, anno in cui morì.
Table of contents |
2 Intrecci e personaggi 3 Trame 4 I modelli greci 5 La poetica di Plauto: il lirismo comico 6 Gli intrecci 7 Fortuna del teatro plautino 8 Riepilogo |
Opere
Plauto riscosse un enorme successo, immediato e postumo e fu autore di grande prolificità , inoltre, la sua popolarità fece sì che circolassero, col suo nome, svariate opere spurie. Nel corso del II secolo AC circolavano centotrenta commedie sotto il nome di Plauto, la cui autenticità era già allora discussa. Verso la metà del II secolo, in un periodo che ancora aveva dirette e buone informazioni, cominciò l’edizione delle opere di Plauto, le commedie furono dotate di didascalie, di sigle dei personaggi ed i versi scenici furono impaginati da competenti, in modo che ne fosse riconoscibile la natura. Varrone (116 AC–27 AC), nel De comoediis Plautinis, individuò ventuno commedie sicuramente autentiche: Amphitruo; Asinaria (Commedia degli asini); Aulularia (Commedia della pentola); Captivi (I prigionieri); Curculio; Cà sina; Cistellaria (Commedia della cassetta); Epidicus; Bà cchides; Mostellaria (Commedia del fantasma); Menaechmi; Miles gloriosus (il soldato fanfarone); Mercator (il mercante); Psèudolus; Poenulus (L'uomo di Cartagine); Persa (il Persiano); Rudens (La gomena); Stichus; Trinummus (Le tre monete); Truculentus; Vidularia (Commedia del bauletto). (la Vidularia, trascritta per ultima nei codici, fu esposta a danneggiamenti nel corso della trasmissione manoscritta e ne sono pervenuti solo dei frammenti). Molte altre commedie, fra le quali alcune che Varrone stesso riteneva plautine, ma che non aggregò al gruppo delle "ventuno" perché il giudizio era incerto, continuarono a essere rappresentate e lette in Roma antica. Restano solo i titoli e brevissimi frammenti.
Intrecci e personaggi
Le commedie di Plauto sono palliate, cioè commedie di ambiente greco, sono però tali solo in apparenza, in quanto vi compaiono situazioni tipicamente romane. Plauto utilizza i tipi psicologici cristallizzati delle maschere (Terenzio (195 AC–159 AC) privilegia l'approfondimento psicologico) e privilegia la situazione scenica ed il gioco verbale, la comicità nasce dalle singole situazioni, prese a sé, una dopo l'altra, e dalla creatività verbale che ogni nuova situazione sa sprigionare. Mentre Plauto difende i valori della romanità e rappresenta la cultura tradizionale del mos maiorum, avversa alla ellenizzazione dei costumi, il gusto ellenizzante di Terenzio riproduce la voce della borghesia. Le commedie di Plauto non sono divise in atti e sono composte di parti recitate, prive di accompagnamento musicale, di parti recitative, quindi provviste di accompagnamento musicale, e di parti cantate.
In tale ottica i personaggi sono indicati non con i rispettivi nomi propri, bensì come tipi (il vecchio, l’innamorato etc.). L'uso di personaggi tipici è una risorsa assai frequente nella drammaturgia, altrettanto caratteristica in Plauto è la prevedibilità degli intrecci. Tutte le commedie che si possono ridurre a una lotta fra due antagonisti per il possesso di un "bene": generalmente una donna e/o una somma di denaro necessaria per accaparrarsela, più raramente del denaro. È norma che vincitore sia il giovane, e che il perdente abbia in sé le giustificazioni del suo essere perdente (è un vecchio, un uomo sposato, un lenone, un ricco trafficante di schiave), così, la vittoria finale di una parte sull'altra trova piena rispondenza nei codici culturali che il pubblico già possiede, soddisfacendone le aspettative legittime.
Adottando questo semplicissimo schema generativo, che deriva dalle convenzioni della Commedia Nuova, Plauto è libero di focalizzare l’interesse su certe particolari forme dell'intreccio (che, di quello schema, sono variazioni) La forma di gran lunga preferita e senza dubbio la più divertente, è la "commedia del servo": la conquista del "bene" è affidata dal giovane (colui che desidera la posta in palio) ad un servo ingegnoso. Progressivamente, però, i servi plautini crescono di statura intellettuale e di libertà fantastica, creano inganni e persino li teorizzano. Nelle opere più mature al centro dell'azione è un artista della frode, il quale, sotto gli occhi di tutti, sceneggia la vicenda.
La coppia "giovane desiderante-servo raggiratore" è una delle più sfruttate costanti tematiche del teatro di Plauto. Le numerose varianti occasionali, toccano solo alcune qualifiche esterne, non la sostanza dell'intreccio e lo schema continua a funzionare ottimamente. Ben definita è anche la scansione temporale, che prevede tre fasi distinte: il servo medita l'inganno, agisce, e alla fine trionfa.
Una forza onnipresente è la Sorte (la Tyche del teatro ellenistico). La presenza della Sorte ha un valore stabilizzante, infatti servo ha bisogno di un alleato ed anche di un antagonista, inoltre la trama comica ha spesso bisogno di uno scatto irrazionale ed imprevedibile, ma non è solo questo il valore della Sorte nel sistema del teatro plautino, infatti, accanto ed insieme alla "commedia del servo", Plauto predilige le commedie che ruotano su un’agnizione, un'identità prima nascosta, o mentita, o casualmente perduta e poi, fortunosamente, rivelata a tutti.
In molte di queste commedie c'è uno schiavo furbo all’opera: un’attività immorale, magari, ma svolta a fini accettabili e destinata ad avere successo. Lo schiavo maschera, confonde, falsifica una realtà preesistente, ma il contrasto fra messinscena e realtà non può durare per sempre, e qui entra in gioco la Sorte, grazie alla quale si scopre che esiste una realtà "più autentica" della realtà "iniziale", quella su cui, poco moralmente, lo schiavo operava i suoi trucchi. La realtà iniziale, dopotutto, non era molto più vera e stabile delle frodi del servo. "Commedie della sorte" e "commedie del servo" in tal modo si saldano in una visione del mondo che ha inesauribili potenziali di comicità .
Il miracolo di Plauto sta nell'equilibrio con cui questo gioco, che potrebbe dissolvere l'azione drammatica, o renderla intellettualistica, viene sviluppato senza nette fratture. In realtà l'innamorato, o il vecchio signore, o il lenone, sono se stessi, ma possono anche partecipare della natura imprevedibile e ludica del servo, il personaggio-chiave del comico plautino. L’originale comicità di Plauto è nel contatto fra la materia dell'intreccio, ripresa dai Greci ed i momenti in cui l'azione diviene libero gioco creativo, ossia lirismo comico.
La commedia plautina tratta tali conflitti entro il piano comico dell'intreccio, senza mai assumere direttamente, come avverrà in Terenzio, un valore di riflessione critica e di rinnovamento della mentalità tradizionale. Lo scioglimento tipico della commedia consiste nel "rimettere a posto le cose". Il pubblico trova in questo movimento dal disordine all'ordine un particolare piacere, tanto più che l'intreccio tocca problemi reali e quotidiani, anche se il quadro sociale e materiale della commedia è ripreso dalla tradizione teatrale ateniese del IV secolo AC e contiene dettagli esotici che Plauto, consapevolmente, ripropone senza adattarli (sono convenzioni stranianti che hanno grande importanza nella letteratura di massa). Greci sono i nomi dei personaggi e dei luoghi, certe sfumature legali, certe istituzioni politiche o allusioni storiche. Tali dettagli garantiscono allo spettatore che il genere comico ha sede "altrove", nonostante occasionali e vivaci puntate anacronistiche verso la realtà romana. Nessuna pretesa educativa e moraleggiante guida le vicende. Che tale non fosse l’intenzione dell’autore è dimostrato dal personaggio dello schiavo astuto che è incompatibile con la trasmissione di un serio messaggio morale o culturale. Il servo scaltro è la fonte principale del divertimento ed è anche il personaggio più suggestivo della commedia quello in cui meno è presente una connotazione realistica e credibilmente quotidiana. Lo schiavo astuto è il personaggio che marca il distacco di Plauto dalla traccia dei suoi modelli.
L'azione di questo personaggio creativo e antirealistico è caratterizzante della palliata plautina. Sotto l’indiavolato movimento della trama si avverte un difficile e sapiente senso d'equilibrio, che è la chiave dell'irripetibile successo di Plauto. La commedia plautina, orientata alla riconferma dell’ordine e della normalità sociale, non ha nulla di sovversivo e anche l'azione imprevedibile e amorale del servo ingegnoso non intende mettere in discussione i principi fondamentali della vita sociale. Il servo è per lo più colui che persegue un risultato legittimo e accettabile a tutti ma persegue il proprio scopo con mezzi illegittimi e truffaldini. Plauto non vuole proporre al suo pubblico una chiara scelta tra realismo e finzione. I suoi personaggi sono così propensi a giocare con se stessi, e a mettere in forse la verosimiglianza, da impedire al pubblico qualsiasi stabile identificazione.
Dante e i suoi contemporanei ignoravano i testi plautini. All'epoca di Petrarca le prime otto commedie plautine cominciarono a conoscere una buona diffusione, dal 1429 ricomparvero anche le altre dodici commedie. Cominciò così il lavorio filologico sul testo di Plauto, si cercò di ristabilire un testo sempre più attendibile e corretto, ma le opere ritrovarono anche la loro originaria destinazione scenica, sia attraverso rappresentazioni in latino, sia, sempre più, con rappresentazioni tradotte, e soprattutto attraverso adattamenti. Il teatro umanistico deve molto al teatro plautino. Tra il Cinquecento e Settecento, il teatro di Plauto contribuì allo sviluppo del teatro comico europeo: Shakespeare, Calderòn, Corneille, Molière, Ruzante, e Da Ponte (il librettista di Mozart), sono collegati dalla traccia della tradizione plautina. Anche nell'età moderna e contemporanea Plauto resta il più rappresentato di tutti i poeti scenici latini.
A differenza di Terenzio, Plauto rimase per lunghissimo tempo estraneo alla tradizione dell'insegnamento. Le ragioni della scarsa fortuna scolastica sono molteplici: lingua, stile e metrica risultano troppo difficili, inoltre l'insegnamento della grammatica e dello stile latino si basava su autori come Cicerone o lo stesso Terenzio, inoltre, i temi e le trame delle commedie mal si prestavano a un insegnamento rivolto a fornire esempi di moralità e di serietà .
Trame
N.B.- La commedia occupa un posto particolare nel teatro di Plauto, perché è l'unica a soggetto mitologico.
Peculiare è la fortissima prevedibilità degli intrecci e dei "tipi umani" raffigurati dai personaggi. Plauto cerca tale prevedibilità , infatti non ha particolare interesse per l'etica o la psicologia e mira a divertire il pubblico, pertanto, tende ad usare dei prologhi espositivi che forniscono informazioni essenziali allo sviluppo della trama, a spese di qualsiasi sorpresa o colpo di scena. Il prologo e molte battute dei personaggi sono decisamente metateatrali, e tendono a favorire la comprensione della trama. I modelli greci
La maestria ritmica, i numeri innumeri di Plauto ("gl'infiniti metri", secondo una definizione che Varrone e Gellio fanno risalire a Plauto medesimo), sono parte integrante della sua arte. È questo un aspetto in cui Plauto si distacca nettamente dai suoi modelli greci e la predilezione di Plauto per le forme "cantate", estranee alla struttura del modello teatrale menandreo, è uno dei principali fattori che regolano la ricreazione in latino dei modelli greci. "Riscrivere" il contenuto di una scena passando dal codice piano e prosaico dei trimetri greci alle fantasiose armonie dei cantica è già un'operazione di elevata autonomia artistica.La poetica di Plauto: il lirismo comico
Plauto trasforma i suoi modelli secondo tendenze e preferenze costanti, tende a trascurare la severa coerenza dell'azione drammatica e le sottili sfumature nel carattere dei personaggi e costruisce un altro teatro. La mancanza di continuità e di coerenza drammatica, la dispersività dell'azione, la schematicità della psicologia, la convenzionalità dei sentimenti, più che difetti sono rinunce ad alcuni pregi dei modelli greci per spostare l'accento su altri interessi. La costruzione dei personaggi offre una chiave in questo senso. Fra tutti i personaggi della Commedia Nuova Plauto predilige il servo, ribaldo, amorale, creatore di inganni e risolutore di situazioni, Questa figura tipica della commedia ha in Plauto uno sviluppo eccezionale. È quasi sempre lo schiavo furbo a gestire lo svolgimento dell'intreccio è lui il solo che, stando sulla scena, può controllare, influenzare, commentare con ironia e lucidità l’evolversi degli avvenimenti. Il servo, d'altra parte, è una "figura tipica", non troppo individualizzata sul piano psicologico. Entra nell'azione, in genere, come creatore di inganni e quindi come fonte del comico. La posizione del servo astuto, che regge le fila dell'intreccio, ne fa spesso quasi un equivalente del poeta drammatico, come se Plauto trovasse in questa figura un modo per fare del metateatro. Il servo è il personaggio che, più di ogni altro, gioca con le parole: crea immagini, metafore, doppi sensi, allusioni ed è quindi il portavoce della creatività verbale di Plauto stesso. Il servo, pur essendo il personaggio socialmente più debole, sulla scena è la figura centrale. In Plauto, taluni personaggi che nella Commedia Nuova o in Terenzio, godono di una certa rispettabilità , sono spesso attratti nella sfera di comicità tipica dello schiavo: vecchi e giovani padroni sono "giocati" dal servo, ma giocano anche con se stessi, esattamente come è tipico del servo briccone. Nei suoi momenti migliori, Plauto utilizza gli intrecci dei suoi modelli come materia, disponibile a significati nuovi e imprevedibili. Certi personaggi svolgono il ruolo previsto per essi dal canovaccio originale del modello greco, ma, mentre interpretano il ruolo previsto, a tratti, sono ironici e autoironici.Gli intrecci
Nelle strutture tipiche dell'intreccio (l'aspetto in cui Plauto è più legato alle sue fonti) quasi sempre la messa in gioco di un bene si trasforma in una fase critica, che può far vacillare importanti valori sociali e familiari (persone libere sono trattate come schiave, padri insidiano le donne desiderate dai figli, uomini sposati si comportano da libertini a spese degli scapoli). In questa fase della struttura narrativa, le commedie minacciano una sovversione di tutto ciò che il pubblico accetta come normale e naturale (è normale che i figli scapoli corteggino una donna, e che i vecchi si comportino saggiamente; è necessario che chi è libero non sia trattato da schiavo, nella società romana, è anche normale e naturale che i figli siano fortemente vincolati all'autorità del capofamiglia). Nascono dei conflitti, in cui si scontrano valori e aspettative legittime. Fortuna del teatro plautino
Le venti commedie, risalenti alla scelta canonica di Varrone (ventuno, in realtà , ma l'ultima, la Vidularia, era andata perduta e ricomparve solo in parte con la scoperta del Palinsesto Ambrosiano compiuta dal cardinale Mai al principio dell'Ottocento) continuarono ad essere ricopiate per tutto il Medioevo, ma la lettura diretta di Plauto rimase per tutto questo periodo un fatto eccezionale, mentre grande fortuna ebbe Terenzio. Riepilogo
Plauto, scrive commedie:
Il teatro plautino comprende tre distinti modi di esecuzione e di metrica:
Vedi anche: Paragone Terenzio-Plauto